Clan Mistero

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 Antichità, archeologia, OOPart / Storia degli scavi di Pompei ed Ercolano

l'eruzione

Immaginate di essere nel 79 d.C. Siamo in estate e voi vivete in una delle città più belle e fiorenti dell’antichità. Siete un pompeiano, appartenete ad un famiglia di commercianti benestanti e abitate in una bella villa ricca di marmi e statue. Vie siete appena alzato e state facendo le abluzioni mattutine aiutato dal vostro valletto personale. La brezza marina vi accarezza la pelle mentre uscite dalla vasca di marmo. Vi asiugate rapidamente ma notate che stranamente non ci sono uccelli che cinguettano in giardino. Udite il lamento degli animali governati nella parte rurale della villa, lontano dalla parte residenziale ma non abbastanza da non sentirli. Scuotete la testa ed afferrate un dolcetto di fichi e mandorle che un valletto vi porge dal vassoio d’argento proveniente dall’Asia Minore. Tutta la vostra casa è un inno alla bellezza e alla ricchezza e voi non vorreste vivere da nessuna altra parte. Siete un pompeiano e persino la città eterna, Roma, vi invidia. I più grandi artisti e letterati preferiscono la vostra città alla capitale dell’impero. 

Giunge un messo da parte del vostro amico e socio in affari. State aspettando le vostre navi che tornano da un ricco viaggio d’affari tra l’ellade e le province giudaiche. Stanno portando piante esotiche, lini pregiati, oli profumati, spezie e tessuti di porpora. Tutta merce che i ricchi romani adorano e pagano profumatamente. Il vostro socio vi chiede un incontro per decidere la spartizione delle merci. Sta organizzando un convito a casa sua per la sera: come d’uso si mangerà sdraiati sui triclinia, ascolterete poesie e assisterete alle danze di alcune etere dell’isola di Lemno. Magari avanzerà un po’ di tempo per un salto al lupanare. 

Questa avrebbe potuto essere la vostra giornata se quel giorno non fosse proprio il 24 agosto del 79 d.C. 
Invece mentre uscite di casa per incontrare il vostro socio vedete che gli uccelli cadono a terra morti, nuvole grige e dense hanno invaso il cielo. Una sottile pioggia di cenere copre i vostri vestiti. Proprio mentre ve la togliete di dosso la cenere viene sostituita da sottili lapilli di fuoco. Piano piano respirate sempre più a fatica. Ma come avete fatto a non accorgervene, vi dite. Impaurito riprendere la strada di casa. Lì sarete al sicuro. I vostri famigli sono terrorizzati. Corrono in qua e la come impazziti. La domina ha dato ordine di portare i tesori di famiglia nei sotterranei, al sicuro dagli sciacalli. Intanto per le strade la gente comincia a urlare e correre all’impazzata. Molti portano con sé tutti gli averi, cadono sotto il peso dell’oro e del bronzo. Alcuni sono vittima di rapinatori che cadranno a loro volta poco più avanti, schiacciati dai massi infuocati che hanno preso il posto dei lapilli.
Adesso si che siete atterrito. Ordinate alle schiave di portare giù i bambini e la domina, ai famigli di nascondere l’oro. Avrete tempo per un’ultima preghiera davanti alle statuine dei Lari e Penati? Pregate gli antenati di salvare voi stesso da questa cosa terrificante che sta abbattendosi sulla vostra amata città. Nelle strade si odono grida e pianti di chi ha perso la speranza miste alle preghiere dei sacerdoti.
Qualche soffitto comincia a crollare sotto il peso della cenere diventata fango pietroso. Chi prova a trovare salvezza in strada retrocede atterrito perché i lapilli sono così fitti che non si vede più il cielo. Non è nemmeno mezzogiorno e Pompei è caduta nella notte più buia della sua storia. 

I vapori solforosi stanno insinuandosi dapperttutto. La puzza è insopportabile. Non riuscite a respirare, i vostri polmoni stanno reclamando aria fresca e gridano forte dentro il vostro petto. La vostra famiglia? Dov’è la vostra famiglia? Li trovate tutti radunati sotto i pilastri delle scale. La vostra signora moglie abbraccia piangendo i bambini più piccoli. Vostro figlio maggiore, di appena 14 anni, si stringe al precettore che piange e prega gli dei. Le schiave della domina atterrite si abbracciano l’una con l’altra, alcune di loro hanno la stessa età dei vostri figli più grandi. Vi sentite così impotente, così arrabbiato persino con gli Dei!
Voi siete il dominus, il padrone, il padre di tutto il microcosmo che abita nella vostra casa. Essi guardano a voi come alla guida delle loro vite e voi, adesso, non potete difenderli.
La montagna si è svegliata! 

il re e la regina

Ercolano e Pompei si sono addormentate sotto una coltre di lava che le nasconderà per quasi duemila anni. Se voi foste vissuto a Pompei quell’ultimo giorno tremendo dell’agosto del 79 d.C. nessuno più avrebbe saputo della vostra esistenza fino… 

Nel 1738, una regina, Maria Amalia di Sassonia, amante dell’arte antica e un po’ capricciosa, colpita dalla bellezza delle statue antiche che si trovavano nei giardini del palazzo reale napoletano, convinse il re Carlo di Borbone a finanziarle degli scavi per trovarne di nuove. 
Il re si consigliò con il comandante in capo del genio e questi procurò operai, polvere da sparo e utensili. Oggi gli archeologi gridano allo scandalo sentendo parlare di questi metodi ma siamo nel 1738, l’archeologia ancora non esiste e c’erano ben 15 metri di pietra vulcanica da superare per arrivare alla meta. Partirono dal pozzo scavato da d’Elbeuf, che aveva permesso i ritrovamenti tanto ammirati dalla regina nelle sale e nei giardini del palazzo reale, e praticarono innumerevoli cunicoli e passaggi prima d’arrivare al primo ritrovamento: tre frammenti di cavalli di bronzo. 

Finalmente venne chiamato un esperto a dirigere i lavori, il marchese don Marcello Venuti, umanista e direttore della Biblioteca Reale. L’11 dicembre venne trovata la prima iscrizione: tale Rufo aveva fatto costruire a sue spese il teatro ercolanense. In pratica il d’Elbeuf era capitato nel mezzo del palcoscenico del teatro dove la furia dell’acqua aveva spinto tutte le statue che ornavano la cavea e l’ingresso del teatro stesso, facendole finire adagiate l’una sull’altra. 
La scoperta fu sensazionale, d’interesse scientifico senza pari tuttavia sembra che poco dopo il re perdesse interesse per lo scavo e passarono 35 anni prima che si decidesse di tentare di trovare le vestigia della città gemella, Pompei. Re Carlo ordinò di scavare per cercare altri tesori . Non dobbiamo scandalizzarci. All’epoca dei primi ritrovamenti nelle aree di Ercolano e Pompei l’archeologia come la intendiamo noi non era ancora nata. Non era ancora stato formulato un metodo scientifico per riportare alla luce le orme del passato e i tesori dell’antichità erano per lo più nelle mani di avventurieri e predatori di tombe che li vendevano al miglior acquirente. Non è strano dunque che Re Carlo ordinasse di scavare con la dinamite e che una volta esaurite le statue ordinasse di passare oltre. Nemmeno Schliemann fu esente da certi errori. Quando trovò il cosiddetto “tesoro di Priamo” mandò via tutti gli operai e scavò con le mani aiutato solo dalla giovane moglie. Una volta radunato il tesoro d’inestimabile bellezza e valore lo impacchettò e lo spedì segretamente in Germania, sottraendolo così alle rivendicazioni del governo turco. Lord Elgin si fece firmare dal governatore un salvacondotto che l’autorizzava a portar via “qualche pietra e qualche epigrafe” e depredò la Grecia dei frontoni del Partenone! * 
*Su una colonna del tempio del Pireo (Atene) c’è un’incisione lasciata da Lord Byron (anche lui si comportava come un turista qualsiasi lasciando scritte sui resti archeologici) e dice: quod non fecerunt goti, hoc fecerunt scoti” Quello che non fecero i barbari lo fecero gli scozzeri (nella persona di Elgin), parafrasando la famosa frase di Pasquino (la statua “parlante” di Roma che denunciava i sopprusi della nobiltà fra XVI ed il XIX secolo. ), contestando gli spregi commessi da collezionisti con pochi scrupoli in paesi pieni di opere d’arte e resti archeologici come la Grecia e l’Italia. 

Il 6 aprile 1748 venne alla luce la prima pittura murale e pochi giorni dopo il primo scheletro. Un uomo con la mano tesa inutilmente a recuperare alcune monete d’oro che gli erano cadute durante la fuga disperata. 
Così come lo sfortunato pompeiano tentava di recuperare le sue monete anche il re e i ricercatori tentavano la sorte cercando oro e statue, così aprirono e richiusero numerose trincee senza accorgersi che si trovavano proprio nel centro della città di Pompei. I re scavava per far contenta la moglie ed arricchire il suo museo personale, il cavaliere Alcubierre, incaricato dal re di sovrintendere gli scavi, non era uno storico, tantomeno uno studioso d’antichità e s’occupava soprattutto di risolvere i problemi tecnici degli scavi mentre tutti gli altri non aspettavano altro che l’oro tintinnasse ancora sotto il piccone. 


Venne scavata la platea del teatro ma siccome non c’erano statue e oro venne ricoperta e si passò ad altro. La villa ritenuta a torto la casa di Cicerone, decorata da bellissimi affreschi, venne semplicemente ricolmata dopo aver distaccato gli stessi dalle pareti. Molto tempo dopo proprio nei pressi di quella villa verranno ritrovati decine e decine di corpi, esseri umani colti nell’attimo dell’ultima disperata fuga, carichi di masserizie e dei loro averi. Schiacchiati gli uni contro gli altri. Solo molto tempo dopo si capirà l’importanza del ritrovamento di Pompei ed Ercolano per lo studio dell’antichità. L’immediatezza della morte aveva fermato l’attimo nelle due città. Così come il cane ancora alla catena che abbaia l’ultima volta prima di rimanere schiacciato dal soffitto, le due giovanette sorprese dalla fine proprio sulla soglia della casa con il famoso mosaico “cave canem”, il padre che difende la figlia e tenta di reggere la vecchia madre… Palazzi, templi, case private, taverne: tutto in un istante. Nelle stanze dello scrivano ci sono ancora le tavolette di cera, nel tempio di Iside gli incensi e gli arredi per le cerimonie, nella biblioteca i rotoli di papiro, nelle botteghe gli utensili, sui muri persino la pubblicità che informa i clienti quanto sia bravo l’artigiano. Nelle osterie il denaro sul banco, le stoviglie sui tavoli… 

Quanta abboddanza di reperti, di informazioni preziose non aspettavano altro che essere catalogate e studiate. Lo farà un uomo, un bibliotecario figlio di un ciabattino, inventerà l’archeologia. Johann Joachim Winckelmann 










autoremisstremendina 

fonte: Enciclopedia Europea; Ceram, Civiltà Sepolte; Resoconto Scavi Pompeiani. 
immagini: vedi url immagine 





libri, film e documentila storia di Mary Shelley di misstremendina



Sapete da chi fu scritto il primo romanzo di fantascienza? Da una donna. Si chiamava Mary Wollstonecraft Godwin ma diventerà famosa come Mary Shelley, la moglie amatissima del poeta Percy Shelley. 

Qualcuno ha detto: non tutti conoscono le poesie di Percy Shelley ma tutti, ovunque vai, sanno chi è il barone Von Fankestein e conoscono la sua storia. 



Mary Shelley era figlia di due spiriti liberi: il politico William Godwin , e la filosofa Mary Wollstonecraft , antesignana del femminismo. Nacque poco dopo la rivoluzione francese, nel 1791 e morì nel 1851 a Londra. La madre morì quand’ella aveva solo 10 giorni di vita e Mary crebbe allevata principalmente dal padre, un uomo illuminato e fuori del comune che le impartì un’educazione superiore e la incoraggiò a seguire le sue aspirazioni.

Nel 1814 a soli 15 anni Mary incontra il poeta Percy Bysshe Shelley , allievo di suo padre, s’incontra con lui segretamente sulla tomba della madre e alla fine fugge con lui dall’Inghilterra, essendo il poeta già sposato con Harriet Westbrook. I due vagabondano per l’Europa fino al suicidio della moglie di lui, quando potranno sposarsi. Ma il loro matrimonio, sebbene essi s’amassero tantissimo, fu infelice e funestato dalla morte di ben 3 figli. La prima bambina nacque prematura e morì senza un nome, la seconda e il terzogenito morirono bambini in Italia. Qui nacque l’unico figlio che sopravvisse alla coppia Percy Florence, nato, come dice il suo nome, proprio a Firenze. La vita sentimentale di Mary e Percy è molto tormentata a causa dei perenni guai finanziari in cui versa il poeta, costretto sempre più spesso ad allontanarsi per sfuggire ai creditori. Mary è spesso malata ma per fortuna ha vicino a sé ottimi amici come come Thomas Jefferson Hogg e lo scrittore Thomas Love Peacock. 

Nell’estate del 1817 Mary, durante una vacanza con Lord Byron a Ginevra, cominciò la stesura del suo romanzo più famoso: Frankenstein. Mary e Percy sono da poco tornati in Inghilterra a causa della perenne mancanza di denaro ed accettano di buon grado l’invito del poeta mecenate. 
Nella casa di Byron Mary e Percy fanno la conoscenza di molti intellettuali, scrittori, artisti e scienziati, tra questi Erasmus Darwin , il quale aveva condotto alcuni esperimenti di galvanismo ed affermare di poter rianimare la materia morta. Secondo quanto scrisse in seguito la stessa Mary una sera, radunati tutti intorno al fuoco stavano raccontandosi e leggendo racconti tedeschi di fantasmi (come le Fantasmagoriana). Ecco come Mary stessa descrive il sogno che le ispirò il suo famosissimo personaggio: "Vedevo -a occhi chiusi ma con una percezione mentale acuta- il pallido studioso di arti profane inginocchiato accanto alla "cosa" che aveva messo insieme. Vedevo l'orrenda sagoma di un uomo sdraiato, e poi, all'entrata in funzione di qualche potente macchinario, lo vedevo mostrare segni di vita e muoversi di un movimento impacciato, quasi vitale. Una cosa terrificante, perché terrificante sarebbe stato il risultato di un qualsiasi tentativo umano di imitare lo stupendo meccanismo del Creatore del mondo." 
Da un racconto breve Frankenstein; ovvero il moderno Prometeo, diventa un romanzo pubblicato nel 1818. 

Ancora un lutto per Mary e Percy, Fanny, la sorella di lei, si suicida a causa della vita infelice, ma prima scrive una lettera disperata alla sorella. Poco dopo la morte di Fanny anche Harriet, moglie di Percy viene trovata morta, annegata in un laghetto. Probabilmente si tratta di suicidio anche per lei. Dal tono della lettera di commiato si evince che Fanny soffriva di forte depressione, una malattia che allora era totalmente sconosciuta. 
Mary subirà una grande delusione quando il suo romanzo, ormai pubblicato e letto da moltissimo pubblico, verrà attribuito dai critici a suo marito Percy. Con il suo uomo lascia per l’ennesima volta l’Inghilterra questa volta diretti in Italia, dove dimorano in svariate città: Venezia, Roma, Firenze, dove nasce l’ultimo figlio della coppia, l’unico che sopravviverà, e Napoli dove la coppia si troverà coinvolta in uno scandalo. Due ex domestici denunciano Shelley e l’accusano di intrattenere una relazione sentimentale con la cognata Claire e con Alba, figlia di Byron. Da una di queste egli avrebbe avuto una figlia. Sembra in realtà che la bambina fosse una trovatella che il poeta adottò per allieviare la sofferenza di Mary dovuta alla morte dei due bambini: Clara, morta di dissenteria a Venezia, e William, morto a Roma. Anche la piccola Mary Adelaide seguirà la triste sorte dei fratellini, solo un anno dopo. Mary descriverà Napoli come: un paradiso abitato da demoni. 
Quell’anno Mary comincia a scrivere il romanzo apocalittico: l’ultimo uomo. 
Mary comincia seriamente a dedicarsi alla scrittura e riceve le prime soddisfazioni editoriali quando un’altra tragedia s’abbatterà su di lei. La coppia si trova a Lerici, Percy è affascinato dal mare e compra una barca. Nel frattempo, com’era sua indole, intrattiene una relazione extra coniugale con Jane Williams, moglie del loro anfitrione Edward Williams. Mary rischia intanto la morte per un aborto spontaneo e Percy le salva la vita immergendola in una vasca piena di ghiaccio per rallentare l’emorragia. L’8 luglio del 1822 Percy e Williams salpano alla volta di Livorno per motivi d’affari. Non faranno mai ritorno, vivi. A causa del brutto tempo il battello naufragò e i corpi di Percy, Edward e del marinaio furono ritrovati alcuni giorni dopo. Edward Trelawny,armatore della barca, si occupò di cremare i resti del poeta. Narra la leggenda che Trelawny asportò il cuore di Percy prima che il fuoco divorasse il suo corpo e lo portò a Mary in una scatola di legno. Shelley è sepolto a Roma presso il Cimitero Acattolico, vicino al figlioletto William. 
Dopo la morte del suo amatissimo Percy Mary e Florence (l’ultimo figlio) tornano in Inghilterra dove si dedica alla narrativa. Nel 1826 pubblica l’ultimo uomo e diventa curatrice editoriale. Nel 1844 muore il padre di Shelley, ormai ultranovantenne, e per Mary comincia un periodo di tranquillità economica che non ha mai avuto quando Percy era in vita. 

"Gli ultimi anni di Mary Shelly furono pesantemente segnati dalla malattia. Dal 1839 soffrì di gravi emicranie e colpi apoplettici, probabilmente causati da un tumore al cervello, che le impedirono di leggere e di scrivere. Morì il primo febbraio del 1851, all’età di cinquantatré anni e fu sepolta nel cimitero della chiesa di St Peter a Bournemouth. Per il primo anniversario della morte, il figlio decise di aprire il cassetto della scrivania della madre. All’interno trovò le ciocche dei capelli dei suoi figli, un diario compilato assieme a Percy e una copia del suo poema Adonais, con una pagina ripiegata attorno ad un involto di seta contenente le ceneri del cuore di Shelley: il compagno e marito che amò teneramente e interamente. In una lettera scrisse: “ La mia vita è nella luce dei suoi occhi e la mia intera anima è completamente assorbita da lui”.
“Scorrendo la vicenda umana di Mary Shelley, non si trovano gioie durature: dalla nascita alla maternità, fino all’amore per il suo compagno prima e marito dopo, sembra ripetersi sempre un identico modello di catastrofe che conduce da un attimo di felicità al precipizio del dramma. Ciò che sviluppò in lei l’ossessione che i suoi oggetti d’amore dovessero trasformarsi in cadaveri tra le sue braccia e che il suo destino dovesse esser quello dei aggirarsi, sola, tra le tombe”. (NdA: vedi fonte) 

post originale, autore: misstremendina 
fonte: www.siamodonne 
fonte: wikipedia


apparizioni e paranormale / ISABELLA DEI MEDICI di iside_lilith

ISABELLA DE MEDICI
Il Castello di Bracciano si trova alle spalle di Roma, inserito in un paesaggio che pare uscire da una cartolina, tra le verdi colline e l’azzurro del lago omonimo. 
Originariamente era di proprietà dei Prefetti di Vico. 
Nel 1419 fu concesso dallo Stato Pontificio alla Famiglia Orsini che lo ricostruì come oggi lo vediamo. In seguito venne venduto alla Famiglia Odescalchi. 
Il castello è conservato meravigliosamente ed appare vivo ed è impregnato dei secoli che ha attraversato, con le sue storie di vita quotidiana, piccoli e grandi trionfi e sconfitte che si sono avvicendate all’interno delle sue mura. 
Un particolare interesse è da attribuire alla sala di Isabella De Medici. 
Si racconta che fosse una donna dal temperamento molto focoso. 
Durante le sue feste molto sfarzose pare amasse presentarsi ai suoi ospiti vestita solo di veli per far risaltare in questo modo lo splendore del suo corpo. 
Ancora oggi nella sua camera da letto si trova il letto a baldacchino dove avvenivano gli incontri amorosi con i suoi innumerevoli amanti. Si racconta che dopo l’incontro amoroso, che durava tutta la notte, Isabella invitata l’amante di turno ad attenderla nel salottino attiguo alla sua stanza, promettendo che lo avrebbe raggiunto non appena si fosse rivestita. 
Indicava al malcapitato una porta che si apriva su un tetro e stretto corridoio che nascondeva nel buio una botola aperta nel pavimento, che lo faceva precipitare in un pozzo a rasoio. Il corpo del poveretto, al termine del precipizio, cadeva nel bel mezzo della calce viva, dove i suoi poveri resti si dissolvevano. 
Paolo Giordano Orsini, marito della donna, conosceva i suoi tradimenti e, quando si innamoro di un’altra donna, la smascherò. 
Si nascose in chiesa ed ascoltò le sue confessioni. 
Nella stessa serata organizzò una cena sontuosa solo per loro due, invitò la consorte nell’alcova e lì la strangolò con un nastrino di seta rossa … direi una morte alquanto raffinata, degna di una grande dama. 
Nel castello si avverte ancora oggi la presenza della giovane donna, in particolar modo nelle stanze dove lei compiva i suoi delitti. 
Spesso appare anche sulle sponde del lago, vestita con un sontuoso abito del ‘500 con lo strascico sollevato con la mano sinistra e la sua apparizione si dice sia perfettamente materializzata. 
Oggi il pozzo è stato murato ed il trabocchetto viene mostrato a chi visita il castello.




criminologia / nuove indagini sul delitto dell'Olgiata di misstremendina 

  Alberica Filo della Torre, il delitto dell'Olgiata 

Famiglia di antica nobiltà quella dei Filo della Torre, il cui motto è OMNIA VINCIT AMOR, l’amore vince su tutto. Le prime notizie si hanno nel XIII sec quando Pietro Filo fu nominato Vescovo di Acerenza, in Terra di Basilicata. Nel 1464 re Ferrante I d'Aragona, dona a PASQUALE, sindaco della città di Altamura, la torre di detta città in terra di Bari con le attigue terre, per i servigi resi al sovrano..
Feudatari, vescovi, capitani d’alto rango, la storia di questa famiglia si svolge nei secoli tra onorificenze e privilegi ricevuti da re ed imperatori. Nella seconda metà del 1600 Un altro PIETRO AURELIO, nel 1662, fu infeudato di Allegrocore, Galesano, Surboli e S. Susanna. BISANZIO, figlio di Pietro Aurelio, fu nominato conte di 
Torre S. Susanna.Così via fino al secolo scorso, il casato si è imparentato con le famiglie più blasonate e importanti del Regno delle Due Sicile.

Un blasone pesante quindi quello dei Filo della Torre che, in epoca repubblicana, fino a quel 
10 luglio 1991ricorreva più che altro nelle cronache mondane. Fino al giorno in cui la contessa Alberica, sofisticata regina dei salotti romani, non viene ritrovata morta nella sua camera da letto, nella villa di famiglia dell’Olgiata, nei pressi della capitale.

scheda (tratta da 
angolonero ) Data 10 luglio 1991 Ora tra le 8.45 e le 9.15 Luogo Lavilla 28/A, Isola 106, Olgiata, Roma Vittima Contessa Alberica Filo della Torre di Santa Susanna Mattei, di anni 42 Causa del decesso colpi di corpo contundente e strozzamento Arma zoccolo di legno e mani nude Testimoni oculari nessuno Sospetti Roberto Jacono, di anni 30, figlio della professoressa di inglese dei figli della vittima; Wilson Manuel, di anni 21, ex cameriere della villa; Movente sconosciuto Colpevole non trovato. Nel novembre 1993 Pietro Mattei offre una taglia di 500 milioni sull'assassino della moglie. Caso aperto
IL DELITTO
E’ il 10 luglio 1991. La giornata è appena cominciata nella villa, situata nell’eclusiva zona dell’Olgiata. Immersa nel verde, una bella villa con piscina e personale di servizio indaffarato. Non è passato un anno dal delitto ancora insoluto di Simonetta Cesaroni che la capitale si sveglia con un altro mistero destinato a rimanere tale.
Il vero nome di quest’agglomerato di lusso è
 isola 106. Un’isola verde lontana dal traffico e da rumori molesti. In una delle ville seminascoste dal la vegetazione abita l’imprenditore romano Pietro Mattei, sposato con Alberica Filo Della Torre, di nobilissima casata. Oggi l’imprenditore e la moglie festeggiano i primi dieci anni di matrimonio. La servità è indaffarata, sono in atto i preparativi della festa che si svolgerà in serata.
Tutto va bene. Alle 7 del mattino il padrone di casa dirige i lavori per la festa, la signora ha appena chiesto la colazione e la tata sta svegliando i bambini: 
Domitilla e Manfredi.
Alle 8 tutto va ancora bene. I testimoni diranno in seguito che il padrone era vestito di blu ma il barista che lo vede alle 8.10 afferma che era vestito di verde chiaro. Nessuno vede il padrone lasciare la casa.
La contessa scende in cucina dove si trovano i bambini. Dopo qualche minuto rientra in camera per vestirsi. La villa è piena di gente: 4 operai, vari domestici, la baby sitter inglese e i bambini. Un estraneo sarebbe stato certamente visto aggirarsi per la villa stessa.
Alle nove la contessa è tornata in camera sua, le domestiche sono a lavoro e la baby sitter ha sistemato i bambini dopo la colazione. Dichiarerà di essersi recata nella lavanderia per lavare un costume da bagno.
Alle nove e trenta Domitilla chiede di essere accompagnata dalla mamma ma la contessa non risponde. La domestica Violeta spinge delicatamente la porta ma questa è chiusa a chiave dall’interno. Violeta desiste, non vuole disturbare la contessa.
Sono ormai le 11 del mattino. La contessa non è scesa e non risponde al telefono interno. Quando la domestica entra, utilizzando una chiave di riserva, le si presenta davanti una scena raccapricciante: c’è sangue dapperttutto. La testa della contessa è avvolta in un lenzuolo inzuppato del suo stesso sangue. La donna giace riversa con le braccia alzate. Sul collo ancora i segni bluastri del soffocamento.
Alle 12 la villa è invasa dalle forze dell’ordine. I primi rilevamenti diranno che la contessa probabilmente conosceva il suo assassino, è stata strangolata e prima è stata tramortita con un corpo contundente, si ipotizzerà uno zoccolo, ma l’oggetto usato non sarà mai trovato. Non ci sono segni di forzatura nella porta. L’assassino ha portato via poche cose. Il grosso dei gioielli non è stato nemmeno cercato.
L’ipotesi più ovvia in questo momento è il delitto passionale. La contessa avrebbe ricevuto un amante in camera? Può essere scoppiata una lite tra lei e il misterioso uomo, tale da spingere costui a colpirla prima con lo zoccolo e finirla stringendole le mani alla gola. Il colpo di zoccolo è stato così tremendo che le ha sfondato il cranio, facendo schizzare il sangue della povera donna dapperttutto nella stanza, sui muri, sulla moquette, sul letto, sulle pareti.
“…I sospetti si addensano su due persone. Un cameriere filippino che la contessa aveva licenziato ed un giovane frequentatore della villa, un vicino di casa, con qualche problema psichico. Ma si tratta di piste fasulle, destinate a chiudersi nel giro di qualche tempo.
L’inchiesta sulla morte della contessa Alberica rischia di diventare l’ennesimo buco nell’acqua della procura di Roma…”
 (da Misteri d'Italia )
LE INDAGINI
Nell’immediatezza del delitto a molte, troppe, persone viene permesso di aggirarsi nella villa. Il primo ad arrivare, prima ancora del magistrato, è un amico di famiglia, intimo dei coniugi Mattei/Filo della Torre, un funzionario dei Servizi Segreti, 
Michele Finocchi. Due anni dopo il delitto della contessa, mentre uno scandalo sta scuotendo le istituzioni della Repubblica (lo scandalo dei fondi neri del SISDE) lo stesso Michele Finocchi viene implicato nella sottrazione proprio di quel denaro, vengono scoperti in Svizzera ben 6 conti segreti intestati ad Alberica Filo della Torre. I coniugi disponevano di conti all’estero sui quali potrebbero essere transitati i miliardi sottratti da Finocchi. Il magistrato Cesare Martellino indaga sui conti ma le rogatorie e i suoi viaggi all’estero finiscono nel 1996.
E’ possibile che il delitto della contessa Alberica non c’entri proprio niente con la passione e i sentimenti? Perché in cucina c’era un bigliettino con il quale si chiedeva ai domestici, se le fosse accaduto qualcosa, di avvertire prima del marito lo stesso Michele Finocchi? Perché a metà di quel terribile pomeriggio viene permesso a Finocchi di entrare da solo sulla scena del crimine. Lo 007 dirà poi che lo stesso marito aveva chiesto di prendergli un vestito pulito ma Mattei dichiarerà di non averlo mai fatto. In effetti un vestito da uomo fu preso dalla stanza del crimine, venne trovato abbandonato in una scala di servizio.
In realtà i sospetti del primo momento s’indirizzarono su due elementi: 
Roberto Jacono, giovane figlio dell' insegnante privata di inglese dei figli della nobildonna, e il giovane domestico filippino Winston Manuelappena licenziato. Sui pantaloni di Jacono vennero ritrovate delle macchie di sangue. Dopo l’esame del DNA risultò che non appartenevano alla contessa. Venne indagato anche un commerciante cinese amico della coppia e lo stesso Finocchi fu sottoposto ad accertamenti ma nessuna delle piste portò a qualcosa di consistente, una trama sul quale il magistrato potesse lavorare. Scagionati temporaneamente ma mai tolti definitivamente dal registro degli indagati sia Iacono che Manuel sono tuttora gli unici due sospettati per il delitto della contessa Alberica Filo della Torre.
LA CONCLUSIONE?
Nel gennaio del 2007 le indagini sul delitto della contessa, dietro insistenza del marito Pietro Mattei, vengono riaperte. Viene ritrovato un fazzoletto di carta con tracce di DNA maschile. Ma non risulta appartenere a nessuno dei due indagati. Mattei però insiste ed afferma che non sono stati esaminati altri oggetti che potrebbero contenere tracce del DNA dell’assassino. Arriviamo ai giorni nostri. E’ di ieri, 12 giugno 2010, la notizia che il GIP ha ricusato la richiesta d’archiviazione sull’omicidio e disposto nuove analisi sugli oggetti provenienti dalla scena del crimine: la camicia da notte che la contessa indossava al momento dell’omicidio, il rolex che l’assassino non ha pensato di rubare, lo zoccolo spaiato (quello dell’omicidio è scomparso) ed altri piccoli oggetti che potrebbero essere venuti a contatto con l’assassino. Winston Manuel, il domestico, ha già dato il suo campione mentre pare che Iacono si sia rifiutato.
Così dopo quasi 20 anni l’omicidio della contessa Alberica Filo della Torre è una indagine ancora aperta.

fonti: 
archiviostorico.corriere.it , angolonero Video cronaca LA7.it LA7 tg






La vera data della profezia Maya non è il 2012 di gilgamesh_l_immortale

Ora vi posto un sunto di un articolo ripreso da notizie yahoo

Scienzati Usa studiano i Maya con la tecnologia Nasa e scoprono che la vera data della profezia non è il 2012. Due archeologi americani, tra i massimi conoscitori della popolazione precolombiana, rivelano che in realtà la vera data dell’antica profezia è un’altra. 

Arlen e Diane Chase illustrano per il Sussidiario come, grazie alla tecnologia spaziale fornita dalla Nasa, sono riusciti ad addentrarsi nei segreti e nei misteri dei Maya come nessuno era mai riuscito a fare prima. Il loro obiettivo era infatti realizzare la mappa dell’antica città di Caracol, in Belize, che è però coperta dalla giungla. Con una tecnologia basata sull’uso del laser, detta LIDAR, montata su un aereo bimotore, sono riusciti in 24 ore a ricostruire tridimensionalmente a computer l’intera città di Caracol, per un’area totale di 177 chilometri quadrati. 

Professori Arlen e Diane Chase, perché secondo voi il LIDAR rivoluzionerà le nostre conoscenze sui Maya? Il LIDAR rivoluzionerà le nostre idee sui Maya per la sua capacità di rappresentare globalmente un territorio antico. Il LIDAR ci permette ora di vedere l’intero insediamento e il territorio circostante e ci consentirà di individuare le differenze territoriali tra i Maya e i confini tra le antiche entità politiche. 

E’ vero che gli astronomi dei Maya hanno predetto che il mondo finirà il 22 dicembre 2012? La profezia sul 2012 è una costruzione della moderna «new age». L’attuale ciclo temporale maya finirà attorno all’anno 4.946 del nostro calendario. Il 22 dicembre del 2012 per il calendario maya sarà il 13.0.0.0.1 (cioè una data qualsiasi senza nessun valore simbolico, Ndr) e quel giorno quindi nel mondo tutto sarà tranquillo.

 L’astronomia maya, cui di recente sono stati dedicati diversi libri e film, era davvero così avanzata come si pensa? L’astronomia maya era molto avanzata. I loro scienziati praticavano osservazioni dirette e dettagliate del cielo e le loro rilevazioni dei cicli dei vari pianeti erano registrate nei loro codici cartacei e nei geroglifici sulla pietra. 

Per la comunità scientifica, qual è la cosa più difficile da spiegare sulla civiltà maya? La cosa più difficile da spiegare è quanto questa civiltà fosse grande e complessa. Le informazioni del LIDAR ci aiuteranno a perfezionare la nostra conoscenza di questo antico popolo, proprio perché fornisce un contesto completo. 

Avete scoperto qualcosa di nuovo sullo sviluppo tecnologico dei Maya? Tutto il paesaggio attorno a Caracol è stato completamente modificato dall’azione dell’uomo, detta anche antropogenica. Gli antichi abitanti dovevano avere una relazione intima con l’ambiente circostante e gestivano molto attentamente i terreni e i flussi di acqua nel territorio. 

In queste rilevazioni o in precedenti studi, avete scoperto qualche prova di sacrifici umani presso i Maya? Sì, a Caracol abbiamo rinvenuto delle prove archeologiche dei sacrifici umani realizzati dai Maya. I sacrifici umani facevano parte della loro antica religione, come è stato confermato da un punto di vista archeologico. 

IL LIDAR può aiutarci a capire le ragioni della scomparsa della civiltà Maya? I dati ricavati con il LIDAR ci aiuteranno a comprendere quanto intensamente i Maya abbiano utilizzato e modificato il loro territorio. Questo, a sua volta, potrà aiutarci a capire perché abbiano abbandonato certe aree. E’ importante specificare, tuttavia, che la loro decadenza non fu un processo uniforme e si sviluppò su più di 150 anni. Inoltre, in alcune zone non vi fu alcuna scomparsa dei Maya. 

Caracol si estendeva per 177 Km quadrati, quasi come Boston (232,2 Km quadrati). Perché era così grande? Caracol era così grande perché questa era la caratteristica dell’urbanistica Maya. A differenza delle moderne città occidentali, i Maya incorporavano la loro agricoltura nelle città, e Caracol può essere definita una forma di urbanismo «a bassa densità». Le dimensioni di Caracol non sono anomale per le città Maya: Tikal, Calakmul e Coba erano all’incirca della stessa grandezza. Tuttavia, nessuna aveva la popolazione delle città moderne e Caracol, probabilmente la più grande città Maya, aveva circa 115.000 abitanti. 

Perché Caracol è stata definita una «città sostenibile»? La definizione di Caracol come città sostenibile deriva dalla presenza di terrazzamenti e serbatoi all’interno della città. I primi permettevano agli abitanti di far crescere il cibo di cui avevano bisogno e i numerosi serbatoi consentivano di immagazzinare l’acqua necessaria. Così l’intera città era «sostenibile». 


Grazie a tutti
Giancarlo



Disse un giorno Voltaire, il grande filosofo illuminista francese: “Neppure a un astrologo è concesso il privilegio di sbagliare sempre“. Intendeva dire ovviamente che, in mezzo a centinaia di previsioni errate, prima o poi è fatale trovarne una casualmente esatta. 

Il mausoleo (in fondo) di Celestino V sotto le macerie del crollo di Collemaggio
Nonostante gli esperti abbiano ribadito ripetutamente l’impossibilità di prevedere i terremoti, il popolo di internet e la gente col passa parola o gli sms, continua ad abbandonarsi ad un’insana ed infondata paura collettiva. Le voci si rincorrono con cadenza mensile e si propagano dall’Aquila alla costa abruzzese, dove sono ospitati oltre trentamila aquilani, e viceversa. E’ il tam-tam via internet, specie su social network come Facebook, ad amplificare la voce di una possibile scossa e ad alimentare la psicosi collettiva di un nuovo terremoto “E’ prevista una forte scossa” – dicono i messaggi. Ma come nelle classiche leggende metropolitane queste voci profetiche sono considerate vere da chi le racconta pur non essendo state in alcun modo verificate. Vengono generalmente trasmesse di bocca in bocca e il protagonista delle vicende in esse narrate è solitamente «l’amico di un amico» I “vocefondai”, dopo la grande scossa del 6 aprile 2009, hanno annunciato l’imminenza di un secondo violento terremoto. La fonte della predizione, a seconda dei casi, giunge a volte da fonti scientifiche, a volte militari, dai Vigili del Fuoco o dalla Protezione Civile; altre volte persino da estasi religiose, durante le quali il Santo di turno sarebbe apparso in un sogno premonitore ad una sua anziana devota. La psicosi – come avvenne dopo il terremoto del Friuli – ha generato anche timori di incombenti sconvolgimenti geografici quali il formarsi di vulcani e laghi dalle acque ribollenti. Tutte queste previsioni sono venute meno, eppure il grandissimo fascino che le profezie esercitato sulle legioni di studiosi che tentano di scoprire quali fatti aspettano l’umanità nel futuro, non accenna a far desistere le voci. Tutt’altro, gli ostinati “vocefondai” adesso tirano in ballo nientemeno che il più temuto e famoso profeta: Michel Nostradamus. In questi giorni prossimi al G8 dell’Aquila, infatti, si sta spargendo la voce di una oscura quartina profetica che il medico e astrologo francese del Cinquecento avrebbe scritto, facendo riferimento al giorno in cui i potenti del mondo si riuniranno nella città in cui è sepolto Papa Celestino V. Abbiamo esaminato praticamente tutte 942 quartine che compongono le Centurie di Nostradamus e non c’è traccia di simili presagi. A dire il vero, abbiamo scovato alcune quartine che lasciano supporre un più o meno chiaro riferimento ai fatti accaduti a L’Aquila.
Nella quartina 66 della Centuria VI è scritto: 
Alla fondazione della nuova setta,
Saranno trovate le ossa del grande Romano,
Sepolcro di marmo apparirà coperto,
La terra tremerà in Aprile, mal sotterrato (sarà).

Scettici o meno, non si può fare a meno di notare come la quartina faccia riferimento ad un ritrovamento avvenuto nei giorni scorsi sotto la Basilica di San Paolo a Roma: i resti mortali dell’apostolo Paolo (le ossa del grande Romano il cui sarcofago non è stato mai aperto in tanti secoli). Nostradamus, che al posto delle date usava criptici riferimenti, data questo eccezionale ritrovamento nell’anno in cui “la terra tremerà in Aprile” e qualcuno resterà “mal sotterrato”. (il mausoleo di Celestino V è rimasto sotto le macerie dopo il crollo del transetto della Basilica di Collemaggio).
Una seconda quartina, alquanto ermetica, la 93 della Centuria I, dice: 
Terra Italica presso i monti tremerà,
Leone e Gallo non troppo alleati,
al momento del timore l’un l’altro si aiuteranno,
Solo Catulon e i Celti moderati.

Il primo verso è facilmente identificabile con il terremoto dell’Aquila, ma i successivi fanno riferimento con tutta probabilità all’Inghilterra (Leone) e alla Francia (Gallo).
Un altro riferimento, questa volta diretto, all’Aquila (intesa come città) lo scoviamo nella quartina 78 della Centuria VI: 
Si griderà vittoria per la mezzaluna del grande Selin
Dai Romani l’Aquila verrà acclamata
Ticino, Milano e Genova consentiranno
Poi loro stesse reclameranno grandemente il Re

 L'Aquila è disseminata di simboli massonici 

Indubbiamente, secondo le nostre ricerche, il grande Selin sarebbe il diminutivo usato più volte da Nostradamus per fare riferimento a Re Salomone, quindi alla Massoneria (L’Aquila è piena di simboli massonici; inoltre, il sigillo di Salomone si trova sul mausoleo di Celestino V). L’Aquila (città, e non l’animale simbolo degli austriaci o dei tedeschi) sarà acclamata dai Romani, cioè dai capi dello Stato e della Chiesa. Ticino, Milano e Genova, stanno a simboleggiare il potere economico e politico. Ma l’intrepretazione più plausibile di questa quartina potrebbe essere L’Aquila è intesa come Impero, e l’unico impero di oggi e l’America. Si griderà vittoria per le crociate sui popoli Arabi (oppure si faranno crociate per i popoli arabi – guerra Iraq ecc.). Il potere (romano) italiano sarà alleato dell’America. Il Nord Italia (le città della Lega) sarà contrario agli extracomunitari arabi
ma poi loro stessi reclameranno (il grande re) cioè quei paesi arabi, quella gente.
L’ultima quartina che prendiamo in esame è quella che, a nostro parere, più si avvicina ad una ipotetica profezia sul Summit del G8 dell’Aquila: 
Popolo radunato per vedere un nuovo spettacolo,
Principi e Re con molti assistenti,
I pilastri cadranno, e i muri, ma come per miracolo
Il Re e trenta degli astanti si salveranno
.
Il G8 dell’Aquila sarà innegabilmente un “nuovo spettacolo” a cui assisteranno in molti. Per la prima volta, infatti, tutti i capi di stato (Re e Principi) parteciperanno ad un Summit “low-cost” – a basso costo – in una caserma, abbellita quanto si vuole, che fa pensare ad una casa popolare, ai margini di una città quasi totalmente devastata e disabitata. Un G8 solidale, privo di sfarzi e ostentazioni, nel rispetto della sofferenza degli aquilani e quindi della povertà nel mondo. Quanto di meglio le nazioni di tutto il mondo potevano auspicare per un futuro migliore e dignitoso. A ben pensarci una “Rivelazione dell’Aquila” esiste, ed è straordinaria: la città fu edificata – come abbiamo dimostrato nel nostro libro – per progetto di Federico II di Svevia (l’anticristo delle profezie di Gioacchino da Fiore) nella forma urbica simile a Gerulemme, al centro della ley-line che collega Giza a Stonhenge, nella posizione geografica la cui somma della latitudine e della longitudine dà il numero 99, con le chiese disposte specularmente alla costellazione dell’Aquila che anticipa e simboleggia l’imminente ingresso nell’Era precessionale dell’Acquario: il tempo della pace e della spiritualità, in un mondo governato da uomini e donne dotati di saggezza.
Lu.Ce. 

fonte: mistery chronicle