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venerdì 8 aprile 2011

per non dimenticare: 20 anni dal rogo del Moby Prince






sito ufficiale dell'Associazione 10 Aprile

Moby Prince: il 10 aprile 1991 si è consumata la più grave tragedia della marina mercantile italiana dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

10 aprile 1991: il traghetto della Navarma, Moby Prince, lascia la rada di Livorno. Nemmeno mezz'ora dopo, alle 22,30, lo scontro in mare con una petroliera dell'Agip Abruzzo. Sulla petroliera si sviluppa un incendio, il comandante lancia l'allarme. I soccorsi giungono tempestivamente ma si concentrano sulla petroliera. Nessuno s'accorge che la Moby Prince è diventata una palla di fuoco. Solo un'ora dopo, alle 23,35 due ormeggiatori capiscono quello che sta accadendo sul traghetto. Una tragedia colossale.
I due soccorritori convincono l'unico superstite, il mozzo Alessio Bertrand a buttarsi in acqua. Sarà l'unico superstite. L'incendio ha ucciso, chi bruciato vivo chi soffocato dal fumo, 140 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio.
Anche dalla Moby partono richieste d'aiuto. Anche il traghetto lancia il may day alle 22.20 ma quello che giunge nella sala radio della Capitaneria è un segnale debolissimo. Nessuno lo sente. Dopo l'allarme degli ormeggiatori partono i soccorsi per la Moby. Vanno avanti tutta la notte. Per tutta la notte si cercano superstiti ovunque nella nave che sta ancora bruciando. Tanto che la mattina dopo viene rimorchiata in rada ancora fumante.
75 passeggeri, 65 membri dell'equipaggio. 140 vite umane spezzate ancora senza un perché. E' stato assodato che se i soccorsi fossero arrivati in tempo l'incendio sarebbe stato domato e se non tutti, la maggior parte delle persone a bordo della Moby avrebbero potuto salvarsi. Più di 40 persone morirono per le esalazioni di monossido di carbonio. I loro cadaveri furono trovati nel salone principale. Magari, vista la vicinanza con il porto, il capitano li aveva riuniti lì in attesa dei soccorsi. Degli altri vennero ritrovati solo resti fusi con le lamiere, tanto che il riconoscimento fu particolarmente laborioso.
Le polemiche cominciarono subito. La nebbia testimoniata da qualcuno si e qualcuno no. Perché i soccorsi arrivarono tempestivamente sulla petroliera e sulla Moby no? Quel tratto di mare affollato di navi americane. L'errore umano era da addebitarsi alla petroliera o al traghetto? Persino l'ipotesi dell'attentato non venne esclusa.
Nel 1998 il relitto della Moby, ancorato nel porto di Livorno, dopo essere quasi affondato venne avviato allo smantellamento in Turchia, si dice, ma lo scrittore Saviano ha parlato di un'interesse della Camorra nello smaltimento dei resti del traghetto.
Dalle inchieste e dai processi sono emersi particolari discordanti e teorie che cozzano tra di loro. Le indagini sono state riaperte nel 2009, dopo che, dietro richiesta della magistratura che aveva interrogato di nuovo il mozzo superstite, il tratto di mare della tragedia è stato scandagliato di nuovo e sembra abbia restituito elementi di prova interessanti. Le indagini sono tutt'ora in corso.


articolo originale di misstremendina
fonti: Moby Prince su Wikipedia, Mobyprince.it - Associazione 10 Aprile
eventi: MOBY 451 - Sabato 9 aprile 2011, ore 21 - Teatro C - Via M. Terreni, 5 Livorno

mercoledì 12 gennaio 2011

Devid, vittima del silenzio più che del freddo

Stavo leggendo un articolo di Amelia Esposito sul Corriere di Bologna on line, dal titolo: Cento sms per aiutare i gemelli. Rispose solo Stefano Benni 

Brevemente e con precisione la giornalista descrive uno dei solito malcostume della gente cosiddetta "perbene", quelli che non hanno problemi di bollette insolute, quelli che fanno "volontariato" (quando ci sono le telecamere evidentemente), quelli per i quali 20 euro non bastano nemmeno per un cappuccino e una pasta nella pasticceria di lusso (di cui noi poveri mortali di solito possiamo solo ammirare le vetrine colme di cioccolato D.O.P. ), quelli che sanno bene come riempirsi la bocca della parola "solidarietà". 

Racconta la Esposito: Di solidarietà e disponibilità ne ha incontrate davvero poche Silvia Vicchi, la bolognese che, il 30 dicembre, ha ricevuto da un’associazione che si occupa di disagio sociale la richiesta di un aiuto concreto per i gemellini Berghi e l’ha girata a un centinaio di persone di cui ha il numero di telefono, la maggior parte delle quali gravitano nel mondo del volontariato. «La richiesta che mi è pervenuta era molto semplice, si chiedeva un aiuto piccolo piccolo per due gemellini poveri di cui io ignoravo il nome — racconta Silvia — parlo di tutine, calzini di lana, cuffiette, copertine e latte in polvere, bisogni primari, cose poco costose».
«Ero certa che avrei avuto molte risposte anche perché gran parte dei destinatari del mio messaggio fanno volontariato e alcuni di loro sono molto facoltosi, persone per le quali spendere cento euro è come fare colazione al bar, invece nulla — prosegue —. Il silenzio. Ad eccezione di Stefano Benni, e ci tengo a dirlo, l’unico che mi ha risposto spiegandomi che era in viaggio e che al suo rientro a Bologna mi avrebbe ricontattata».
 

Sappiamo che il piccolo Devid è sopravvissuto meno di un giorno a quel sms. Devid è morto di freddo e stenti, clinicamente di broncopolmonite ma tecnicamente di indifferenza.



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